A lettura conclusa della silloge di racconti di Luca Carbonara, la prima constatazione che balza evidente consiste nella risposta, un po’ ironica e sicuramente caratteriale, che l’autore offre al lettore, con piena soddisfazione di quest’ultimo, poiché la galleria di personaggi e la sequenza delle situazioni son lì a identificare – e verificare – talune crisi del nostro tempo che riguardano soprattutto i singoli comportamenti, laddove questi ultimi da soggettivi assumono in sé il ruolo cangiante di una uniformità che coinvolge appieno il conformismo – e l’esigenza di respingerlo e di non conformarvisi – che riguarda l’intera comunità, senza privilegiamento alcuno. Tutto questo innestato nella scacchiera del racconto, un genere letterario di rilevante difficoltà, e poco ben visto dall’editoria corrente che ha bisogno di referti/fiume in grado di centrare illusoriamente il lettore. Errore grave – editorialmente parlando – perché la misura novellistica, oltre che possedere una sua nobile e autorevole storia nel tempo, obbedisce a un criterio di approccio alla realtà libero e autonomo, senza che altre storie o ulteriori prolungamenti ne alleggeriscano la sostanza: anzi, è vero il contrario. Carbonara dunque condensa i fatti: a lettura conclusa, diventa una inevitabile constatazione, consente l’emergere dell’essenzialità, facendo primeggiare taluni frangenti della storia con la sicurezza di un frequentatore assiduo e concreto della nostra classicità novellistica. In un contesto moderno – va sottolineato – altrimenti l’inesorabilità dell’eloquio sconterebbe una condizione del raccontare eccessivamente appesantita da accadimenti limitrofi.
Una tale tessitura è anche, e soprattutto, forse, la conseguenza inevitabile della percezione precisa di un mondo in rovina, di un traumatico universo sull’orlo del baratro, e quindi, necessariamente costretto alla fruizione dell’avventura come unico e solo polo tematico di difesa: il che impone di affidare al senso dell’avventura, del gesto improbabile, tutto quanto fa parte di una contingenza di arduo e complesso controllo. Da tutto ciò non poteva che nascere l’insistenza di un fermo/immagine più volte utilizzato e di grande efficacia nel confronto, spesso complesso e arduo, fra autore e fruitore.
Walter Mauro
Luca Carbonara, Il circo degli uomini, Roma, Cultura e dintorni Editore, 2013
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